Quello di Natale sembra un periodo magico, dove tutto diventa quasi irreale e armonioso. La suggestione che l’uomo ha creato sul Natale ferma per un attimo la routine della vita, anche di coloro che sono sempre indifferenti ai problemi dello spirito, e tutti, anche se per pochi istanti, si lasciano sollecitare dai messaggi di pace e di amore che echeggiano ovunque.
È importante, tuttavia, fermarci per riflettere seriamente senza lasciarci coinvolgere troppo dal sentimento e dalle emozioni e chiederci: “È giusto essere Cristiani solo pochi giorni l’anno? È giusto parlare di pace e amore nel giorno di Natale per ritornare subito dopo a sbranarci come dei lupi? È questo l’intento di Dio? E soprattutto è vero che Gesù di Nazareth è nato il 25 dicembre e che la Bibbia ci insegna a festeggiare questo giorno? Insomma, quale è la volontà di Dio sul Natale?
Basta riflettere un momento per capire l’importanza di queste domande, perché a seconda delle risposte che daremo, il nostro comportamento cambierà. Se Gesù è nato il 25 dicembre e se ci ha ordinato di festeggiare il suo “compleanno”, allora faremo bene a ubbidire e a vivere tutte le implicazioni che tale festeggiamento comporta. Ma se Cristo non è nato il 25 dicembre e se soprattutto non ci ha ordinato di festeggiare questa ricorrenza, allora faremo bene a seguire il consiglio di Dio.
ORIGINE DEL NATALE
I Vangeli non si sono interessati agli aspetti fisici del Signore, ma a ciò che Egli veramente rappresenta: la Parola di Dio che è Dio nella Sua essenza (Giovanni 1:1-3) e che si è incarnato (Giovanni 1:14) nascendo da una vergine sotto la Legge (Matteo 1:23; Galati 4:4) per espiare come “Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Giovanni 1:29) le trasgressioni degli uomini, e riconciliarli in un solo corpo, la Sua Chiesa, a Dio Padre (Efesini 2:15-16).
Dio non ha rivelato nella Sua Parola la data esatta della nascita di Gesù semplicemente perché questa data non ha importanza per la redenzione delle nostre anime.
Se Dio avesse voluto che noi festeggiassimo il Natale di Gesù ce lo avrebbe ordinato per renderci spiritualmente perfetti. Ma nel Vangelo (legge perfetta di Dio che rende completo l’uomo di Dio, cfr. 2Timoteo 3:16:17) non si parla mai del Natale di Gesù, per cui dobbiamo necessariamente dedurre che la completezza spirituale e morale dinanzi a Dio la si raggiunge senza la conoscenza della data della nascita di Gesù.
Ma allora perché si festeggia il Natale se la Scrittura neanche lo menziona?
Nella speculazione intorno alla nascita di Gesù si avventurarono, dopo la morte degli Apostoli, i cosiddetti scrittori pseudo epigrafi o apocrifi. Per esempio, la prima data del 6 gennaio venne dall’Egitto e entrò successivamente nelle tradizioni della Chiesa Ortodossa sotto il nome di Epifania (avvento del Signore). La Chiesa Cattolica ha trasformato l’Epifania nell’ avvento dei re Magi e ha personificato l’epifania nella Befana, la vecchia brutta ma benefica, che distribuisce doni ai bambini buoni e pezzi di carbone a quelli cattivi.
Clemente Alessandrino († circa 215) suggerì tre date: 20 maggio, 10 gennaio, 6 gennaio; altri studiosi del III secolo proposero le date del 28 marzo e del 2 aprile, date peraltro molto più probabili del 25 dicembre e del 6 Gennaio, in quanto i fatti narratici dall’evangelista Luca ci presentano la notte della nascita di Gesù come una serata mite in cui i pastori stavano all’aperto a guardia dei propri greggi (Luca 2:1-10).
Certamente ciò sarebbe stato poco probabile, se non addirittura impossibile, nel periodo invernale.
Tuttavia, sulla scelta del 25 dicembre ebbe un ruolo determinante il calendario civile romano che celebrava in questo giorno il solstizio d’inverno e il Natale del sole invitto (Dies natalis invicti solis). La nascita del sole è situata tre giorni dopo il solstizio d’inverno. In questo breve arco di tempo il sole muore; infatti, l’intensità dei suoi raggi subisce un forte calo, tanto che si ha il giorno più corto dell’anno. Nei seguenti tre giorni il sole inizia lentamente a crescere, l’intensità della sua luce aumenta, i giorni diventano più lunghi. Questo simboleggiava la rinascita della vita.
Dopo l’editto di Milano di Costantino del 313 che concesse a tutti i cittadini, quindi anche ai cristiani, la libertà di venerare le proprie divinità, l’imperatore Teodosio nel 380, promulgò l’Editto di Tessalonica che proclamava il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero Romano e sanciva un’implicita condanna verso il culto delle religioni pagane. Nel 391 Teodosio aggravò le pene contro l’apostasia dal cristianesimo e prese due importanti provvedimenti contro il culto pagano: il 24 febbraio vietò per Roma i sacrifici cruenti, l’accesso ai templi pagani, l’adorazione degli idoli divini e comminò gravi multe contro i funzionari che si fossero coinvolti in pratiche cultuali pagane. Molti pagani allora si convertirono al Cristianesimo solo per convenienza, senza nessuna convinzione, portandosi dietro tutto il loro bagaglio di tradizioni pagane, compresa la festa del sole invitto.
Il Cattolicesimo, allora emergente, pensò che essendo il sole simbolo della luce e essendo Cristo luce della nostra anima, si poteva sovrapporre alla festa pagana quella Cristiana.
Non mancarono nei primi secoli gli oppositori a questa violenza fatta alla Volontà di Dio. Tertulliano in un’opera sull’idolatria (cap. 14) condannò aspramente questo aspetto pagano del Cristianesimo. Origene, altro grande scrittore di quegli anni, dopo il 245 ripudiò l’idea della celebrazione della nascita di Gesù come se fosse un re faraonico. Ma il paganesimo prese la sua rivincita sul Cristianesimo: gli imperatori Arcadio e Onorio inserirono il 25 dicembre nei giorni in cui erano proibiti i giochi del circo (Ludi circenses) e Giustiniano, infine, lo dichiarò festa civile (Codice, III, 12-6).
Anche i riti e le cerimonie che accompagnano la festa sono di origine pagana. Pagano l’uso di farsi i doni, pagano il presepe che ha fatto proprio del Cattolicesimo l’uso di farsi immagini della Divinità.
IL NATALE OGGI
È difficile oggi capire cosa c’entri la nascita di Gesù con il panettone, le fettuccine o l’arrosto? È difficile capire come si possa ricordare il Signore con i cenoni, i pranzi, i giochi e i balli? La realtà è che il Natale non è una festa cristiana fatta per innalzare i cuori riconoscenti al Salvatore, ma è una festa pagana atta ad innalzare i bicchieri in un tripudio di dilagante paganesimo.
Non lamentiamoci del deterioramento dei valori della nostra società, della superficialità con cui essa affronta i problemi, della mancanza di morale e di rispetto.
Non lamentiamoci perché questi stessi risultati furono presenti nella società romana-pagana di 2000 anni fa! E questo è il frutto del disinteressamento per le cose di Dio e la conseguenza logica dei brindisi con i quali si crede, o meglio con i quali si fa credere, di essere religiosi.
Chi desidera essere un vero Cristiano non festeggerà questo giorno in ossequio alla volontà di Dio e al rispetto dei suoi insegnamenti. Ciò non significa che i Cristiani non debbano amare l’allegrezza, la compagnia, l’amicizia. I Cristiani si rallegrano e fanno festa ma non hanno bisogno per questo di osservare giorni e feste pagane, contrarie alla divina volontà. Essere cristiani non significa estraniarsi dal mondo, vivere da asceti pregando tutto il giorno, ma significa praticare con pazienza e umiltà la volontà di Dio, significa gioire e divertirsi in ciò che è lecito, senza eccessi, senza “sballi”, soprattutto senza prendere come scusa per il divertimento la religione.