L’incontro tra Dio e l’uomo è un dato fondamentale dell’esistenza ed è stato da sempre fissato all’interno della storia umana.

Lo stesso termine religione proviene dal latino religare, ossia unire insieme, porre in relazione, ed esprime la volontà di Dio di instaurare con l’uomo un legame forte e duraturo. Paolo rileva come l’uomo non sia stato mai capace di trovare Dio da solo. È stato dunque Dio a cercare l’uomo per istituire con lui questo legame: “Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione” (1 Corinzi 1:21).

La primissima relazione che Dio stabilisce con l’uomo è una relazione creatrice. Dio crea l’uomo e gli si rivela. La Bibbia è la storia delle rivelazioni di Dio. La parola rivelare viene da alcuni fatta risalire all’espressione retro velum dare, che in latino significa “dare ciò che sta dietro il velo”, ossia far conoscere quello che non è immediatamente comprensibile dalla ragione umana, finita e limitata. Dio è un Dio che parla, che si rivela, che si preoccupa della sua creatura.

La Sacra Scrittura continua nel tempo la Rivelazione di Dio, rendendola accessibile anche alle epoche successive. Mentre nell’Antico Testamento il destinatario è un popolo (da qui nasce l’Ebraismo), nel Nuovo Testamento la destinazione è universale: tutti gli uomini possono entrare in comunione con Dio tramiate la Chiesa, apice del piano di redenzione da Lui concepito. Il Cristianesimo ha in Gesù Cristo il punto più alto e conclusivo della rivelazione divina nella Storia: “Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato i mondi. Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi” (Ebrei 1:1-3).

La verità portata da Gesù è una verità che salva. La storia di Dio è storia della salvezza. La scoperta di un Dio che salva è la testimonianza più gioiosa di tutta la Bibbia. Credere non è semplicemente ritenere per vero qualcosa, ma avere fiducia in Dio e nella sua potenza che salva l’uomo dal peccato e dalla morte.

Nel giardino dell’Eden il Padre avvia un rapporto intimo con la sua creatura. Cammina, parla, interagisce con lei e le fornisce ogni cosa per vivere felice. Sappiamo bene come andò a finire, l’uomo non si accontentò di ciò che Dio gli aveva messo a disposizione e con la disubbidienza il peccato entrò nel mondo. Ma Dio non abbandona la sua creatura, parla con i patriarchi li guida, li protegge, crea con loro un rapporto di fiducia e di amore.

Per mezzo di Abramo dà alla luce una nazione e subito dopo, quando il popolo diventa schiavo degli egiziani, ascolta il suo grido di lamento e lo libera dalla terribile oppressione. Poi il Signore porta gli Ebrei vicino al Monte Sinai  a ratifica con Mosè l’alleanza con il suo popolo.

Ancora una volta Dio dimora con l’umanità in modo speciale. Questa montagna è addirittura divisa negli stessi tre gradi di santità che sia il successivo tabernacolo, sia il tempio simboleggiano: (a) il popolo poteva radunarsi attorno della presenza di Dio; (b) solo alcune persone particolari potevano entrare nell’area santa interdetta alla gente comune; (c) solo colui appositamente designato poteva entrare fino al luogo in cui dimorava il SIGNORE.

Come parte del patto, il Signore fornisce un luogo speciale per incontrare Israele e essere adorato. Il tabernacolo (ebr. mishkàn, “dimora”) fu la prima dimora di Dio costruita artificialmente tra Sé e il suo popolo, un luogo santo di sua esclusiva proprietà e appositamente designato affinché il popolo avesse accesso visibile e tangibile alla sua presenza.

Il “tabernacolo” è un esempio del piano simbolico e tipologico dell’Antico Testamento ed è legato alla condizione religiosa degli Ebrei durante il loro pellegrinaggio nel deserto.

Con le loro offerte gli Ebrei (come simbolo del desiderio che Dio dimorasse in mezzo a loro) costruiscono il tabernacolo, il luogo stabilito e adibito in cui avere la relazione intima con Dio e offrirgli la propria adorazione.

È il “Luogo Santo” che indica la maestà e la santità di Dio, luogo dove possono accedere solo i sacerdoti. Sarà l’olocausto quotidiano offerto dai vostri discendenti, all’ingresso della tenda di convegno, davanti al SIGNORE, dove io vi incontrerò per parlare con te. Lì mi troverò con i figli d’Israele e la tenda sarà santificata dalla mia gloria”(Esodo 29:42-43).

Il Nuovo Patto è celato nell’Antico e l’Antico è svelato nel Nuovo. Molte disposizioni dell’Antico Testamento “sono l’ombra di cose che dovevano avvenire; ma il corpo è di Cristo” (Colossesi 2:17).

Il Tabernacolo contiene molte illustrazioni dell’opera di Cristo e costituisce un importante anello di congiunzione tra i due Testamenti. Come piano tipologico il tabernacolo incarna il piano della salvezza che si svilupperà con Cristo mettendo in rilievo la relazione fra Israele e la natura di grazia e di redenzione della rivelazione divina: “Egli stabilì una testimonianza in Giacobbe, istituì una legge in Israele e ordinò ai nostri padri di farle conoscere ai loro figli” (Salmo 78:5).

Il tabernacolo è il ponte tra Dio e il Suo popolo, è il mezzo per ristabilire la comunione interrotta dalla disubbidienza perpetrata da Adamo ed Eva quando mangiarono il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.

Il tipo (dal greco typosi, “percossa o impressione lasciata da un colpo; marchio o stampo”) è una duplice rappresentazione in azione, in cui il letterale viene inteso e ideato per rappresentare lo spirituale. Il tipo può essere una persona, un evento, una istituzione, un ufficio o un’azione. Il compimento della profezia contenuta nel tipo si chiama “antitipo”.

Il Tabernacolo con i suoi arredi e riti è il più grande concentrato di tipologia nell’AT

Essi celebrano un culto che è rappresentazione e ombra delle cose celesti, come Dio disse a Mosè quando questi stava per costruire il tabernacolo: «Guarda», disse, «di fare ogni cosa secondo il modello (Gr. typon) che ti è stato mostrato sul monte» (Ebrei 8:5).

La legge, infatti, possiede solo un’ombra dei beni futuri, non la realtà stessa delle cose” (Ebrei 10:1).

“Ora, queste cose avvennero loro per servire da esempio (Gr. typicos) e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche” (1 Corinzi 10:11)

La funzione primaria del tabernacolo era consentire la copertura delle trasgressioni e delle sozzure, affinché l’uomo potesse riconciliarsi con Dio. Il peccato comporta necessariamente una sanzione che non può essere altro che la morte, cioè la separazione da Dio (Genesi 2:17; Romani 3:23; 5:12; 6:23). Pertanto, l’ebreo per espiare i propri peccati offriva in sacrificio degli animali immolati a Dio poiché necessariamente secondo la Legge, il peccato doveva essere lavato col sangue (Ebrei 9:22).

Dopo che il popolo d’Israele uscì dal paese d’Egitto (Esodo 12:37), Dio diede loro delle istruzioni precise per la costruzione del tabernacolo ricalcando il modello di quello celeste (si vedano: Esodo 25:40; Ebrei 8:1-5). E quando fu ultimato, Egli discese in una nuvola ricoprendolo interamente della propria gloria (Esodo 40:34-38). Dio era con il suo popolo, così come oggi la stessa nuvola metaforicamente avvolge la sua vera Chiesa: “Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Matteo 18:20).