“Anzi abbiate nei vostri cuori un santo timore di Cristo, pronti sempre a rispondere a vostra difesa a chiunque vi domanda ragione della speranza che è in voi, ma con dolcezza e rispetto” (1Pietro 3:15).
Ogni anno passa velocemente ed è sempre il tempo dei bilanci ma anche dei propositi e delle speranze. Il Signore continua a sorreggerci e a incoraggiarci attraverso la sua Santa Parola.
Il santo timore che si deve avere in Cristo, per essere vero, deve risiedere anzitutto nel nostro cuore. Il santo timore di Gesù libera i cristiani da ogni paura. Essi sentono che soffrire per la verità, in una società avvolta dal freddo tradizionalismo, è un alto onore: “Ed essi se ne andarono dalla presenza del Sinedrio, rallegrandosi d’essere stati reputati degni di esser vituperati per il nome di Gesù” (Atti 5:41). Questi erano gli apostoli di Cristo. Questo è un soffrire santamente, un soffrire come soffrirono i profeti e tutti i servi del Signore.
I cristiani comprendono che le sofferenze, le prevaricazioni, gli insulti, le derisioni sono per la loro anima una salutare disciplina che le strappa da quello che è vano e momentaneo, per fissare la loro vita sui beni che sono veri ed eterni. Questi accrescono in loro la pazienza, l’umiltà, la fede, la bontà e la coerenza. La loro anima prova in misura più intensa la gioia della comunione con Dio di cui sperimentano le consolazioni e l’aiuto potente.
“… fatti rinascere a una speranza viva”
La fonte della forza del cristiano che non ha timore degli uomini, né delle loro minacce, né dei patimenti che possono infliggere, è nel rispetto e nel santo timore di Cristo, il Signore.
“Santificare Cristo” implica riconoscere e ricordare quello che Lui ha fatto per noi, soffrendo, giusto e santo per noi peccatori. Implica riconoscere il diritto assoluto che Egli ha su di noi per averci comprati a prezzo del proprio sangue; implica la persuasione che tutto quello che Egli richiede dai noi, è giusto, è santo, è buono. Implica il timore di offenderlo, di rispondere ai Suoi doni benevoli coll’ingratitudine, con l’infedeltà, col rinnegamento. Implica il timore di essere da Lui rinnegati nel giorno del giudizio finale.
Il santo timore di Cristo rese coraggiosi gli apostoli dinanzi al Sinedrio giudaico e rese eroici molti cristiani. Nel desiderio di onorare e di servire Gesù, dobbiamo essere disposti a testimoniare la speranza che è in noi. L’apostolo Pietro presenta il Cristianesimo come una: “speranza” impiantata nei cuori. Nel primo capitolo della sua prima lettera Pietro ringrazia Dio per averci “fatti rinascere a una speranza viva”.
Nel capitolo tre caratterizza le donne di fede come coloro che “sperano in Dio”. Anche l’apostolo Paolo chiama Cristo in noi “speranza della gloria” (Colossesi 1:27) e definisce i pagani come “gli altri che non hanno speranza”(1Tessalonicesi 4:13).
La speranza di vivere col Signore in uno stato di perfezione e di felicità da cui saranno banditi dolore, peccato, morte, risveglia in noi aspirazioni che non potranno mai essere spente da parenti, vicini, conoscenti occasionali, che per curiosità o per profonda avversione, ci interrogano sulla natura e sul fondamento della nostra fede. Potranno essere perfino le autorità a voler conoscere che cosa crediamo. Ci saranno persone che ci interrogheranno con intenzioni non benevoli solo per avere motivo di beffarsi di noi, ma ci saranno anche persone che vorranno conoscere il Vangelo, persone con un cuore onesto e sincero pronte ad aderire alla Buona Notizia della vita..
Quale che sia il motivo delle domande e il modo in cui saranno rivolte, dovremo essere sempre pronti a “rendere conto della speranza che è in noi”. Dovremo avere perciò una fede consapevole e matura. La nostra risposta a chi ricerca la Verità dovrà essere come “annunciando gli oracoli di Dio” (1Pietro 4:11), ossia scevra dalle nostre idee, dalle nostre interpretazioni, dal nostro pensiero, ma facendoci solo portavoce di ciò che Gesù ha insegnato e trasmesso agli apostoli. Solo allora potremo dire come Paolo “Io so in chi ho creduto” (2Timoteo 1:12).
La risposta a chi chiede informazioni andrà fatta sempre con dolcezza e col dovuto rispetto, anche se questi non ripagheranno nella stessa maniera.
La polemica beffarda, ingiuriosa, violenta, denigratoria la lasceremo agli altri, ai presuntuosi, a coloro che si beffano del Vangelo, che minimizzano l’ubbidienza agli insegnamenti del Signore. Noi vogliamo parlare quando la Bibbia parla e tacere quando essa tace, noi crediamo che “quello che vale è la fede che opera per mezzo dell’amore” (Galati 5:13).
Questo è l’augurio e il proposito più alto che possiamo rivolgerci quest’anno: che la nostra speranza possa essere veramente “l’ancora dell’anima”, che possa darci la forza e la costanza di essere fedeli al Signore fino alla fine e di essere “sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo la coscienza pulita”.